Human Nature (2001) - Michel Gondry
Michel Gondry è uno dei registi più talentuosi degli ultimi tempi, già conosciuto per videoclip di artisti tra cui Bjork, Radiohead, White stripes e Rolling Stones (ma anche Devendra Banhart, Chemical Brothers, Daft Punk…).
Eternal Sunshine of the Spotless Mind è stato uno dei film più belli del 2004 e in attesa del suo terzo lungometraggio, L’arte del sogno, in uscita tra due settimane, sono andato a ripescare il suo primo lavoro: “Human Nature”.
Sceneggiatura del genio Charlie Kaufman (oltre Eternal Sunshine, Il ladro di orchidee, Essere John Malkovic), che battezza l’esordio di un altro promettente regista dopo Spike Jonze, il film è un’ironica lettura sulla natura umana. I personaggi sembrano usciti da un album fotografico di Diane Arbus: una donna che per problemi ormonali è ricoperta di peli in tutto il corpo, un uomo cresciuto nella giungla dal padre che crede di essere una scimmia, uno scienziato fissato col galateo che insegna ai topi come ci si comporta a tavola, credendo così di poter salvare la razza umana.
Lila (Patricia Arquette) frustrata dal suo problema ormonale si rifugia nella giungla nascondendosi da ogni essere umano, fino a quando non conosce Nathan (Tim Robbins), scienziato pieno di traumi e complessi, che in seguito troverà lo scopo della sua vita nell’istruire ed educare un ragazzo-scimmia trovato nella giungla (un grande Rhys Ifans).
Surreale e divertente, con una punta amarognola, il regista francese confeziona un film pieno di personaggi estremi ed eccessivi, eppure così vicini ad essere veri, con idee confuse, irresoluti, ma pronti a rinunciare ai propri ideali e alla propria essenza pur di mantenere, od ottenere, relazioni sentimentali.
Puf, il ragazzo-scimmia, verrà infarcito da Nathan di nozioni insulse e insensate, che non servirebbero a nulla nella vita reale. Una volta assimilate le lezioni dello scienziato e civilizzato (pur non riuscendo mai a calmare del tutto gli istinti sessuali), Puf viene tragicamente e violentemente riportato nel suo habitat iniziale da Lila che pensa così di salvarlo.
Si nota in Gondry un’inaspettata incertezza soprattutto nelle scene della giungla, con effetti artificiosi che se voluti non so giustificare. Tuttavia queste pecche possono essere considerate marginali e non riescono a rovinare un film ben costruito, in cui uomo e natura sono in continuo conflitto e il raggiungimento di un equilibrio non è poi così scontato.
Eternal Sunshine of the Spotless Mind è stato uno dei film più belli del 2004 e in attesa del suo terzo lungometraggio, L’arte del sogno, in uscita tra due settimane, sono andato a ripescare il suo primo lavoro: “Human Nature”.
Sceneggiatura del genio Charlie Kaufman (oltre Eternal Sunshine, Il ladro di orchidee, Essere John Malkovic), che battezza l’esordio di un altro promettente regista dopo Spike Jonze, il film è un’ironica lettura sulla natura umana. I personaggi sembrano usciti da un album fotografico di Diane Arbus: una donna che per problemi ormonali è ricoperta di peli in tutto il corpo, un uomo cresciuto nella giungla dal padre che crede di essere una scimmia, uno scienziato fissato col galateo che insegna ai topi come ci si comporta a tavola, credendo così di poter salvare la razza umana.
Lila (Patricia Arquette) frustrata dal suo problema ormonale si rifugia nella giungla nascondendosi da ogni essere umano, fino a quando non conosce Nathan (Tim Robbins), scienziato pieno di traumi e complessi, che in seguito troverà lo scopo della sua vita nell’istruire ed educare un ragazzo-scimmia trovato nella giungla (un grande Rhys Ifans).
Surreale e divertente, con una punta amarognola, il regista francese confeziona un film pieno di personaggi estremi ed eccessivi, eppure così vicini ad essere veri, con idee confuse, irresoluti, ma pronti a rinunciare ai propri ideali e alla propria essenza pur di mantenere, od ottenere, relazioni sentimentali.
Puf, il ragazzo-scimmia, verrà infarcito da Nathan di nozioni insulse e insensate, che non servirebbero a nulla nella vita reale. Una volta assimilate le lezioni dello scienziato e civilizzato (pur non riuscendo mai a calmare del tutto gli istinti sessuali), Puf viene tragicamente e violentemente riportato nel suo habitat iniziale da Lila che pensa così di salvarlo.
Si nota in Gondry un’inaspettata incertezza soprattutto nelle scene della giungla, con effetti artificiosi che se voluti non so giustificare. Tuttavia queste pecche possono essere considerate marginali e non riescono a rovinare un film ben costruito, in cui uomo e natura sono in continuo conflitto e il raggiungimento di un equilibrio non è poi così scontato.
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